Il Covid-19 agita i sogni degli italiani, ma non solo. E’ infatti soprattutto la qualità del loro sonno che è rimasta vittima del virus. Angoscia, risvegli notturni, difficoltà ad addormentarsi. Sono queste le differenze dall’era pre-pandemia che hanno toccato, non solo gli insonni cronici, ma anche chi prima riposava come un bimbo.
Un’indagine conoscitiva effettuata dall’Assirem Ets – Associazione Italiana per la Ricerca e l’Educazione nella Medicina del Sonno – su un campione nazionale di 1000 persone rivela che, da quando si è entrati in fase lockdown, si dorme peggio, e con sonni per lo più agitati.
La pandemia di Covid-19, viene sottolineato, ha radicalmente modificato la nostra quotidianità, i nostri ritmi di vita, creato motivi di ansia, stress e alterazione dell’umore che hanno inciso sul nostro benessere e anche sul nostro sonno.
L’indagine conoscitiva ha evidenziato che se il totale delle ore di sonno notturne non è mutato sostanzialmente, sono invece cambiati gli orari del mettersi a letto e del risveglio, ritardati di oltre 1-2 ore, ed ancor più sensibilmente si è modificata la qualità percepita del sonno, giudicata, da oltre la metà degli intervistati, “abbastanza o molto cattiva”.
I dati evidenziano che le persone sono andate a letto, in genere, 1-2 ore più tardi rispetto al periodo precedente al Covid e impiegano più tempo per addormentarsi: il 50% di coloro che dormivano in 15 minuti, ora ci mettono più tempo ed è notevolmente aumentata la percentuale di coloro che ci impiegano più di un’ora. Anche il risveglio si è ritardato di 1-2 ore, lasciando quindi immutato il tempo totale di sonno, pur evidenziandosi una tendenza alla diminuzione.
Cambia sensibilmente, prosegue la ricerca, anche la qualità del sonno che passa da “molto buona” per il 17% degli intervistati all’8,2% attuale; risulta “abbastanza buona” per il 39,6%, mentre prima lo era per il 64,9%; giudicata “abbastanza cattiva” dal 37,2% (prima era giudicata tale dal 16,1%) e infine il 15% la giudica “molto cattiva” contro il 2% precedente. Si puo’ concludere, quindi, che oltre la metà degli intervistati indica una qualità del sonno “abbastanza o molto cattiva”.
Aumentano anche i risvegli notturni (3 persone su 4 si sono svegliate al mattino presto almeno una volta a settimana contro le 4 persone su 10 prima del Covid), le persone che lamentano brutti sogni sono passate da 1 su 10, prima del coronavirus, a 4 su 10 attuali. Anche se meno evidente, il periodo Covid ha fatto aumentare del 6% il numero delle persone che sono ricorse a farmaci per dormire 3 o più volte a settimana, mentre sono diminuite di circa il 10% quelle che non ne hanno assunti.
“L’indagine fornisce spunti interessanti di approfondimento – commenta il dottor Raffaele Ferri, presidente Assirem Ets – evidenziando un trend di peggioramento che va monitorato e seguito con attenzione per prevenire possibili conseguenze a lungo termine sulla salute delle persone e la cronicizzazione di alcuni di questi disturbi”.