Dove sono i bambini? Le misure dettate per la Fase 2 aprono le strade a un cambiamento, ma il mondo dei piccoli sembra ancora eccessivamente trascurato. L’Ordine degli psicologi della Sicilia pone l’accento sui problemi, ma anche sulle opportunità che impongono una riflessione legata al mondo dell’infanzia.
“Dal 5 marzo – afferma la consigliera Giovanna Blanco – le scuole hanno definitivamente chiuso i portoni e poco dopo sono cessate anche le attività sportive e ludico-ricreative. In un clima globale di incertezza e paura, i bambini hanno dovuto adattarsi ad un grande ed improvviso cambiamento. Certamente, la quarantena ha consentito loro di riscoprire una dimensione familiare rinnovata da tempi più umani, da una maggiore condivisione e presenza di genitori, forse come mai era accaduto. Ma, nel susseguirsi dei giorni, i bambini hanno iniziato a perdere pezzi fondamentali di vita, perdendo se stessi nel rumore dell’emergenza”.
Relegati nello spazio circoscritto delle loro abitazioni, i nostri figli hanno dovuto aprirsi alla novità della didattica a distanza, perdendo la quotidianità di situazioni relazionali con insegnanti e compagni; hanno dovuto imparare a sostituire con le videochiamate, tutti quegli abbracci, quelle carezze, quei gesti affettivi con nonni, zii, cuginetti, amici, a volte anche con il genitore ‘non collocatario’, nei casi di separazione. Non solo.
Nella quarantena da coronavirus, i bambini hanno perso il loro corpo in movimento, il corpo che corre, salta, cade, suda e con esso hanno perso una quota indispensabile di gioco, l’attività che per eccellenza contribuisce ad uno sviluppo armonioso della personalità infantile. Attraverso il gioco, il bambino esplora e scopre il mondo e, allo stesso tempo, esplora e scopre sé stesso nel mondo.
“Per quanto i genitori possano avere competenza ludica ed affettiva – aggiunge la psicologa – il gioco in casa resta un’occasione limitata sia nei ruoli che negli stimoli offerti. Il dolore di queste perdite per i bambini può essere esponenzialmente amplificato in forme familiari non normative come per esempio nelle famiglie multiproblematiche o nelle famiglie socio-economicamente svantaggiate”.
Per questi bambini, ancor di più, la casa “rischia di trasformarsi in una prigione, non più luogo sacro di protezione e calore, ma spazio limitante della libertà e dei bisogni, con tutti i disagi ed i traumi che ne possono conseguire”. Conclude l’Ordine degli psicologi: dopo quasi due mesi di silenzio e di decreti “in cui i bambini sembrano dimenticati, diventa indispensabile, allora, dare voce agli infanti (dal latino infans–antis, che non sa parlare) e dare loro uno spazio libero per garantire quello sviluppo ottimale che esiste nello scambio bidirezionale tra bambino e ambiente, un ambiente ricco di opportunità di apprendimento e di esperienza”.
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