Gianpaolo Criscione ha inviato all’Agi la sua testimonianza di viaggiatore da Venezia a Catania, con scalo a Roma. Gli aerei presi e le differenze dei controlli eseguiti negli aeroporti visitati. Questo il racconto della sua esperienza.
Il terminal imbarchi dell’Aeroporto Marco Polo di Venezia appare silenzioso, a tratti spettrale. Sin dall’accesso ai check-in per l’unico volo previsto in giornata, AZ 1462 delle ore 15:15 destinazione Roma Fiumicino, i passeggeri vengono diligentemente assistiti dagli steward, sotto lo sguardo attento delle forze dell’ordine presenti.
“Do you speak italian?”. A destra viene indicato un banchetto con le copie multilingua delle autocertificazioni da compilare per chi ne fosse sprovvisto. A tutti i presenti viene fatto osservare rigorosamente dal personale il distanziamento di 1 metro in prossimità di ogni possibile assembramento: ai banchi dell’imbarco bagagli, ai controlli delle autocertificazioni, al gate per l’imbarco.
Una volta saliti a bordo i passeggeri veniamo disposti secondo una sequenza alternata, a scacchiera. Le disposizioni di profilassi, da queste parti, sembrano essere applicate in maniera ottimale. Atterrati a Roma, lo scenario cambia radicalmente: code disordinate ai gate con assembramenti selvaggi di centinaia di viaggiatori agli imbarchi risaltano subito agli occhi.
A bordo del volo AZ1733 per Catania, i passeggeri vengono fatti accomodare secondo i posti assegnati automaticamente in fase di prenotazione senza alcuna logica di distanziamento, nonostante ci siano intere file rimaste vuote. Ma è all’aeroporto di Catania che si manifesta il gap tra le dichiarazioni roboanti di governatori e amministratori locali, forse troppo impegnati a presenziare nei talk show in una logica di campagna elettorale permanente, e la messa in atto delle pratiche di autotutela del territorio strombazzate urbi et orbi.
Se il censimento degli arrivi in Sicilia e la autodenuncia alle Asp di competenza, sono obbligatori, perché nessuno si preoccupa di far registrare i dati dei passeggeri appena atterrati? Chiedo lumi al personale preposto allo scan della temperatura corporea che fanno spallucce. “Mi raccomando, a casa registratevi sul portale.”. E se qualcuno dotato di scarso senso civico, magari per provare a eludere l’isolamento di 14 giorni, fosse tentato di “fare l’indiano?”. Non sarebbe più semplice predisporre un sistema di registrazione dei passeggeri dei due voli quotidiani, non appena atterrati direttamente in aeroporto?
La sfida del Covid 19 si gioca su due distinti piani. Responsabilità civica, e corretta applicazione delle ordinanze per la tutela della salute pubblica nel territorio. O il rischio è di trovarsi ogni giorno all’anno zero.