La parola ‘Ammatula’ in siciliano significa, letteralmente, ‘inutilmente’, ma racchiude in sé – come spesso capita con l’idioma siculo – una gamma variopinta di significati che mutano a seconda del contesto. Gianni Bonina, giornalista catanese, ne ha fatto una saga familiare e sociale. “Una lunga storia ricca di personaggi che cambiano vita e aspetto” ha avuto occasione di dire Bonina del suo romanzo (Castelvecchi, pagg 281, 18,50 euro).
Una storia che prende le mosse dal carcere di Parma, dove l’avvocato e parlamentare agrigentino Carmine Andaloro si ritrova faccia a faccia con il capomafia Gaspare Scaturro, ergastolano al 41 bis, con il quale ha condiviso per l’intera vita l’amore per la stessa donna, la moglie Anna. Il boss ha saputo che sta per uscire un libro in cui si rivelano sul conto di Andaloro verità che andrebbero taciute e lo ha fatto chiamare per offrirgli l’ultimo dei molti favori resi nel tempo in omaggio alla donna perduta, favori che l’avvocato non ha mai richiesto ma di cui ha sempre beneficiato in silenzio. Dalle contestazioni studentesche degli anni Settanta e lungo gli ultimi tormentati decenni italiani, fra stragi, attentati, esecuzioni, sit-in e marce di protesta, le famiglie Andaloro e Scaturro cercano il riscatto e la felicità, ma inutilmente, ammatula: come Sisifo legato al suo sasso, perpetuano in un vano sforzo un destino collettivo. Che è lo stesso della Sicilia più profonda. Una saga cinquantennale sul potere mafioso, sul potere politico, sui loro intrecci, ma anche sulle forme conflittuali che l’amore può assumere.
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