Marco Bertorello / Afp
Un vaporetto arenato dall’acqua alta a Venezia
Non rientra l’allarme alta marea a Venezia. Nonostante il nuovo picco delle 10.30 sia risultato inferiore ai 148 centimetri previsti dal Centro Maree, toccando i 138 centimetri, l’emergenza continua e desta grande preoccupazione. Del resto, nella città lagunare l’acqua alta non raggiungeva questi livelli dal 1966 e si cominciano a contare i danni.
Il ministero per i Beni culturali ha attivato l’unità di crisi per la verifica e la messa in sicurezza del patrimonio culturale eventualmente danneggiato. Il sindaco Luigi Brugnaro, durante un sopralluogo, ha sottolineato la gravità della situazione, in primis al simbolo della città, la Basilica: “Venezia è in ginocchio” ha detto “la basilica di San Marco ha subito gravi danni come l’intera città e le isole”. Ma “gravissimi” sono definiti dal Comune anche i danni provocati “nell’isola di San Servolo, dove è crollato il muro di cinta davanti all’imbarcadero” e ci sono stati allagamenti anche nei locali interni, oltre ai “problemi registrati nelle scuole di Venezia e nel commissariato della polizia di stato San Lorenzo”.
E ha invitato “cittadini e imprese a raccogliere materiale utile per dimostrare i danni subiti: foto, video, documenti e altro” spiegando che presto saranno comunicate “le modalità per inoltrare la richiesta di contributo”. Secondo una prima stima dell’Unità di crisi della Protezione civile, ad essere colpito è soprattutto il centro storico di Venezia e sono una sessantina le imbarcazioni danneggiate molto pesantemente, tra le quali alcuni vaporetti. Inoltre, situazione molto critica a Pellestrina, dove nella notte c’è stata anche una vittima, un uomo rimasto folgorato.
Ancora più allarmati i toni del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia: “L’80% della città è sott’acqua, ci sono danni inimmaginabili, quasi un metro e mezzo a San Marco, Pellestrina è sott’acqua per il 100%. E’ difficile quantificare i danni, sono paurosi” osserva. “È uno scenario di devastazione totale, apocalittica“. Emanuela Carpani, soprintendente per l’Archeologia, belle arti e paesaggio per il comune di Venezia e laguna, testimone d’eccezione, racconta all’AGI: “Stanotte la laguna si è trasformata in mare, si è alzato un fortissimo vento di scirocco. Ho assistito a una situazione impressionante. L’acqua è entrata anche nella cripta di San Marco dove le finestre hanno ceduto alla pressione. Sembrava ci fosse un tifone – spiega – e le persone che arrivavano con i vaporetti scendevano nell’acqua con i trolley sommersi. Le imbarcazioni finivano sulle banchine, ci sono stati crolli, sono venuti giù pezzi di muro. Insomma, una situazione paurosa”.
Ma la situazione non sembra destinata a migliorare, le previsioni non sono incoraggianti. Il Cnr ipotizza una nuova ondata di acqua alta da record a Venezia per domenica prossima, 17 novembre, pur ammettendo che gli eventi climatici sono ormai sempre più estremi e imprevedibili. Georg Umgiesser, ricercatore dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), interpellato dall’AGI non usa mezzi termini: “Non dico che potrebbe accadere la stessa cosa, ma andiamo verso questo tipo di situazioni”; sottolineando l’incertezza fisiologica di questo tipo di previsioni, e i problemi legati a una corretta comunicazione: “Proprio la settimana scorsa” spiega “abbiamo avuto un convegno con la Protezione civile sul tema della comunicazione dell’incertezza, che diventa una cosa sempre piu’ importante perché noi ora abbiamo una previsione di marea di 160 centimetri, ma questo valore ha una incertezza più o meno di 20 centimetri”.
E sono proprio gli esperti a fornire il nome del “colpevole”: il Ciclone Mediterraneo che si è formato l’11 novembre e che da martedì spazza l’Italia, prima a Sud (colpite la Sicilia, la Campania, la Basilicata con la drammatica situazione di Matera) poi al Nord, fino alla laguna veneta. La situazione riapre uno scambio di accuse. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, dice all’AGI che “per contrastare i cambiamenti climatici c’è bisogno di un’azione politica ed economica coraggiosa e forte”.
E Legambiente, con il vicepresidente Edoardo Zanchini, lamenta: “L’Italia è l’unico grande Paese europeo che non ha un piano di adattamento al clima. E questo è lo strumento che ci permetterebbe di individuare le priorità e le aree più a rischio programmando per tempo gli interventi. Invece si continuano a rincorrere le emergenze”. Una veneziana doc come Mara Venier racconta all’AGI: “Ho il cuore spezzato per la mia città e sono a disposizione per qualsiasi iniziativa di solidarietà. Io ho vissuto la marea del ’66 quando l’acqua alta arrivò a 194 centimetri e mi meraviglio che ancora siamo messi così, resto sconcertata”.
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