Maria Laura Antonelli / AGF
Papa Francesco e Domenico Giani
Per tutti era “l’angelo custode” del Papa. Domenico Giani, che ha rassegnato le sue dimissioni da Comandante della Gendarmeria vaticana nelle mani di Francesco, dopo la pubblicazione di un documento con le foto di cinque dipendenti della Santa Sede sospesi dal servizio per accertamenti della magistratura, era sempre al fianco del Pontefice, soprattutto nelle situazioni più rischiose.
Anche domenica scorsa, durante il giro tra i fedeli dopo la messa di canonizzazione, lui era li’: a scortare la papamobile, impeccabile nel suo servizio per garantire sicurezza e tranquillità al vescovo di Roma.
Giani, classe 1962, ex membro dei servizi segreti italiani, dal 12 gennaio 1999 entra a far parte dell’allora Corpo di Vigilanza dello Stato della Città del Vaticano e ne viene nominato vice ispettore generale vicario. Dopo 7 anni, il 3 giugno 2006, Giani sostituisce Camillo Cibin sia come Ispettore generale del Corpo (che nel 2002 aveva mutato il suo nome in Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano) sia come responsabile della direzione dei Servizi di Sicurezza e Protezione Civile, che coordina anche i Vigili del Fuoco, costituita da Giovanni Paolo II sempre nel 2002. Quale direttore, è membro del Comitato di Sicurezza Finanziaria, istituito con un Motu Proprio da Papa Francesco, e Focal Point per la Santa Sede dell’Osce.
In 20 anni di servizio, al fianco di tre Pontefici (Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco), ha seguito tutti i casi più delicati, da Emanuela Orlandi ai “corvi”, dai casi di pedofilia a Vatileaks. Tra i suoi interventi più famosi, l’aver bloccato in tempo una cittadina italo-svizzera, Susanna Maiolo, in due attacchi separati a Papa Benedetto XVI durante le Messe della Vigilia di Natale nella Basilica di San Pietro nel 2008 e, nuovamente, nel 2009. In tempi più recenti, si indica Giani come l’artefice dell’accordo di pace tra cristiani e musulmani che ha permesso a Papa Francesco di andare l’anno scorso in visita apostolica nella Repubblica Centrafricana.
Sotto la sua guida, il Corpo della Gendarmeria vaticana compie un grande passo in avanti: si punta a un ammodernamento di tecniche, mezzi e procedure, nonchè al miglioramento professionale dei gendarmi vaticani. È di recente istituzione anche un Gruppo di Intervento Rapido (Gir) per contrastare eventuali azioni ad alto rischio, compresi attacchi terroristici mirati alla persona del Pontefice e un’Unità Antisabotaggio. Il primo ottobre un Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede informa di una indagine aperta riguardo “operazioni finanziarie compiute nel tempo”, partite dalle denunce presentate dallo Ior, l’Istituto per le Opere di Religione e dall’Ufficio del Revisore Generale e rende noto che “presso alcuni Uffici della I Sezione della Segreteria di Stato e dell’Autorità di Informazione Finanziaria dello Stato”, l’Aif, sono state eseguite “attività di acquisizione di documenti e apparati elettronici”.
Nella nota non viene precisato ma si tratta di compravendita immobiliari milionarie all’estero, in particolare a Londra, a opera dell’Aif. Il giorno successivo, alcuni organi di stampa pubblicano una nota interna a firma di Giani su cui ci sono le foto segnaletiche di 5 dipendenti della Santa Sede e in cui si comunicala loro “sospensione dal servizio” e il divieto di ingresso in Vaticano.
La pubblicazione del documento per uso interno irrita fortemente Papa Francesco che fa aprire un’indagine: la sua “illecita diffusione” è grave ed “è paragonabile a un peccato mortale poichè lesivo della dignità delle persone e del principio della presunzione di innocenza”.
Il futuro di Giani a capo della Gendarmeria è quindi segnato e rassegna le dimissioni nelle mani del Pontefice. Oggi la notizia ufficiale della sua uscita: “Volendo garantire la giusta serenità per il proseguimento delle indagini coordinate dal Promotore di Giustizia ed eseguite da personale del Corpo, non essendo emerso al momento l’autore materiale della divulgazione all’esterno della disposizione di servizio – riservata agli appartenenti al Corpo della Gendarmeria e della Guardia Svizzera Pontificia – il Comandante Giani – si legge in una nota vaticana -, pur non avendo alcuna responsabilità soggettiva nella vicenda, ha rimesso il proprio mandato nelle mani del Santo Padre, in spirito di amore e fedeltà alla Chiesa e al Successore di Pietro”.
Francesco, nell’accogliere le dimissioni, esprime il proprio apprezzamento per il gesto, “riconoscendo in esso – si legge ancora – un’espressione di libertà e di sensibilità istituzionale, che torna a onore della persona e del servizio prestato con umiltà e discrezione al Ministero Petrino e alla Santa Sede”.
“Vivo questo momento difficile con la serenità interiore che, chi mi conosce, sa che ha contraddistinto il mio stile di vita anche di fronte a vicende dolorose”, dice Giani in una intervista ai media vaticani subito dopo le sue dimissioni, in cui sottolinea la gratitudine a Papa Francesco per il servizio che ha potuto svolgere in questi anni. “In questi anni ho speso tutte le mie energie per assicurare il servizio che mi era stato affidato. Ho cercato di farlo con abnegazione e professionalità ma sentendomi, come il Vangelo di due domeniche fa ci ricorda, serenamente un ‘servo inutile’ che ha fatto fino in fondo la sua piccola parte”.
“Il suo attestare la mia lealtà, l’onore e la fedeltà con cui ho svolto il mio servizio, mi aiuta ad affrontare con serenità – continua Giani – il futuro e i nuovi impegni che potrò assumere, nell’ambito delle mie competenze, dopo questa esperienza straordinaria”.
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