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Barbie
Si chiama “Creatable World” e rappresenta l’avanguardia sociale delle bambole Barbie, le più famose del mondo, che oggi si presentano sugli scaffali dei negozi di giocattoli in una nuova versione unisex. “I giocattoli sono il riflesso della cultura e, dal momento che il mondo continua a celebrare l’impatto positivo dell’inclusività, abbiamo sentito che era arrivato il momento di creare una linea di bambole libera da ogni etichetta”, ha affermato Kim Culmone, Senior Vice President di Mattel Fashion Doll Design. “Attraverso una ricerca, abbiamo appreso che i bambini non vogliono che i loro giocattoli siano definiti da stereotipi di genere. Per questo questa linea, che consente ai bambini e alle bambine di esprimere liberamente loro stessi, è stata da particolarmente apprezzata. Siamo fiduciosi – conclude Culmone – che Creatable World possa incoraggiare tutti a pensare più apertamente a quanti benefici i bambini e le bambine possano trarre giocando con le bambole”.
Un gioco educativo insomma, per abituare i più giovani a crescere convinti della totale uguaglianza tra esseri umani di qualsiasi razza, sesso e orientamento sessuale. “Creatable World” rientra semplicemente in una strategia per adeguare anche i giochi più comuni, come anche quelli da tavolo storici, ai cambiamenti che avvengono nella società. Lo slogan con il quale si vuole lanciare la nuova linea parla chiaro: “Un gioco più inclusivo!”.
“Noi crediamo – si legge ancora sul sito ufficiale – che le bambole non debbano avere limiti, proprio come i bambini che ci giocano. Creatable World è una linea di bambole disegnata per far giocare proprio tutti, senza etichette di alcun tipo, offrendo ai bambini la libertà di creare e ricreare i loro personaggi personalizzabili”.
Effettivamente i ragazzini potranno sbizzarrirsi a conciare le proprie bambole con qualsiasi genere di look ipotizzabile: avranno a disposizione parrucche, accessori di ogni tipo, pantaloni e gonne, giacche e t-shirt, per un gioco che non conosce limiti mentali.
La Mattel con questa mossa si immette sul tragitto già segnato dalla concorrente Hasbro già qualche tempo fa, quando ha lanciato una nuova versione di Monopoly dove le pedine femminili guadagnano più di quelle maschili, una sorta di lieve protesta che strizza l’occhio contemporaneamente a quote rosa, movimenti femministi vari e #metoo, ma che ha attirato, così come riferisce The Guardian, anche una serie di critiche, le stesse che stanno piovendo in questo momento sulla Mattel, secondo le quali le aziende non starebbero facendo altro che mungere profitto da lotte socioculturali di grande importanza.
Decisamente più positivo il commento della Glaad, un’importante organizzazione no-profit di attivismo LGBT, che invece ha accolto benissimo questa nuova iniziativa con un post su Twitter:
So many children and parents never saw themselves represented in toys and dolls, but this new line raises the bar for inclusion thanks to input from parents, physicians, and children themselves. https://t.co/AsZJUizzlb.
— GLAAD (@glaad) September 25, 2019
“Non siamo nel campo della politica – ha detto il presidente della Mattel Richard Dickson al Time – e rispettiamo la decisione che ogni genitore prende in merito al modo in cui crescono i propri figli. Il nostro compito è stimolare l’immaginazione. I nostri giocattoli sono in definitiva tele per la conversazione culturale, ma è la tua conversazione, non la nostra; la tua opinione, non la nostra”.
Ad ogni modo c’è chi ricollega questa iniziativa della Mattel a quella di altre società che hanno realizzato campagne promozionali evidentemente riferite a fatti di cronaca e culturali. Come la Nike, che ha lanciato una campagna con Colin Kaepernick dopo che la NFL lo ha espulso dalla lega per essersi inginocchiato durante l’inno nazionale in segno di protesta contro il razzismo; o Airbnb, che ha offerto alloggi gratuiti agli sfollati di fronte al divieto di viaggio del presidente Trump; oppure Dick’s Sporting Goods che ha smesso di vendere armi d’assalto dopo le immagini della strage di Parkland.
Al riguardo, sempre Richard Dickson, interpellato dal Time, risponde: “Penso che essere un’azienda oggi significa portare avanti una combinazione di giustizia sociale e commercio, e quell’equilibrio può essere complicato. Non tutti ti apprezzeranno o saranno d’accordo con te”.
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