Alessandro Serranò / AGF
L’arresto degli assassini del carabiniere Mario Carciello Rega
Uno dei due studenti americani ha confessato l’omicidio del carabiniere Mario Rega Cerciello, ucciso nella notte tra giovedì 25 e venerdì 26 luglio a Roma. Si tratta del giovane con i capelli mesciati apparso in una foto e ripreso da alcune telecamere.
Al termine di un interrogatorio fiume, insieme al coetaneo ritenuto suo complice, il 19enne ha ammesso le proprie responsabilità affermando di essere lui l’autore materiale dell’accoltellamento del vicebrigadiere. I due fermati non sono studenti della John Cabot University, come qualcuno aveva ipotizzato in un primo tempo, ma turisti.
Sommario
Come è avvenuto l’omicidio
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il dramma sarebbe stato innescato dalla ricerca di un pusher dal quale rifornirsi. I due giovani americani vagavano per Trastevere in cerca di droga, ma la sostanza chegli è stata rifilata era semplice aspirina. Da qui l’idea di vendicarsi rubando la borsa di un uomo che li aveva indirizzati verso lo spacciatore.
In base a quanto ricostruito dal procuratore facente funzioni Michele Prestipino, dall’aggiunto Nunzia D’Elia e dal pm Maria Sabina Calabretta, i due ragazzi americani erano andati a Trastevere per acquistare alcune dosi di droga: dopo essersi resi conto di essere stati ingannati, hanno rubato la borsa in cui l’uomo che consideravano complice della truffa e che conteneva un telefono cellulare. L’uomo derubato ha quindi contattato i due chiamando il proprio numero di telefono per avere indietro la borsa. Poi chiamato il 112 per comunicare che era stato vittima di un furto e che si era accordato con i due ladri per la restituzione della borsa. A questo punto, all’orario stabilito, i due carabinieri, in borghese, dono andati in via Pietro Cossa, luogo stabilito per lo scambio. Lì hanno incontrato i due ragazzi con i quali è scoppiata una violenta colluttazione durante la quale il vicebrigadiere è stato colpito con otto coltellate, una delle quali alle spalle e una al cuore, le due risultate fatali.
Il ritratto del carabiniere che faceva volontariato e voleva aiutare tutti
Cerciello Rega è morto così, in una pozza di sangue nel cuore di uno dei quartieri più eleganti della Capitale, a due passi dalla Cassazione e a pochi metri da un commissariato di polizia e da una stazione dei carabinieri.
Sposato da appena un mese e mezzo, con la moglie Maria Rosa dedicava il proprio tempo libero al volontariato: distribuiva pasti e abiti ai disperati che vivacchiano intorno alle stazioni Termini e Tiburtina o accompagnava i malati a Lourdes o a Loreto, sacrificando i giorni di riposo o le ferie.
Un carabiniere, ma non solo carabiniere. Morto non per un pugno di spicci, ma per difendere la legalità, per impedire un reato. Che forse la stragrande maggioranza delle persone considererà di poco conto, qualcosa di ‘spicciolo’, ma che un appartenente alle forze dell’ordine – carabiniere, poliziotto o finanziere che sia – considererà sempre e comunque al pari di un reato gravissimo: perché ogni illegalità è qualcosa di gravissimo per la tenuta del tessuto sociale. E questo Mario, vice brigadiere in forza alla stazione di piazza Farnese lo sapeva.
#26luglio giorno di lutto per l’Arma dei #Carabinieri pic.twitter.com/RhDksdpRa4
— Arma dei Carabinieri (@_Carabinieri_) July 26, 2019
“26 luglio giorno di lutto per l’Arma dei carabinieri”, ha scritto la quarta forza armata del Paese sul proprio account ufficiale Twitter. “Nella sua nuda essenza anche la tragedia più grande è fatta di numeri”, scrive L’Arma: età, da quanto tempo Mario fosse sposato, quanto tempo fosse trascorso dal suo ultimo compleanno. E poi altri numeri: 2 autori dell’aggressione, il numero di coltellate, l’entità del ‘riscatto’ richiesto. “Ma quei numeri non sono freddi, sono il conto di un’esistenza consacrata agli altri e al dovere, di una dedizione incondizionata e coraggiosa, di un amore pieno di speranze e di promesse. E la tragedia reca la cifra più alta: l’infinito. Il più vivo dolore per una mancanza che affligge 110 mila carabinieri”.
Tutto non dimenticando né rallentando le indagini per risalire ai responsabili dell’omicidio e il ferimento dell’altro carabiniere intervenuto, Andrea Varriale. E i primi risultati ci sono stati in serata, con il fermo di due americani. Uno, in tarda serata di venerdì, confesserà di averlo ucciso lui, Mario.
Il cordoglio espresso al comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, è collettivo nel Paese: dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai ministri della Difesa e dell’Interno, Elisabetta Trenta e Matteo Salvini, e tutti gli altri ministri; il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli; rappresentanti di enti, istituzioni. Ma anche semplici persone. Basti pensare a questi cartelli affissi da alcuni cittadini del rione Trevi sulla facciata della stazione carabinieri di Piazza Farnese: “Eroe della patria, giustizia per Mario”, “I cittadini hanno fiducia nei carabinieri, i cittadini perbene hanno rispetto dei carabinieri, onore al Carabiniere Mario. Onore a te, la città di Roma ti onora”, “Un uomo di Stato non può morire così. Meno politica, meno chiacchiere e più Carabinieri”.
E colpisce l’omaggio silenzioso, anzi no perché rotto dalle sole sirene, reso oggi da decine e decine di pattuglie della Polizia di Stato e della Guardia di finanza davanti alla sede del comando generale dei carabinieri, in viale Romania. E lo stesso è stato a Napoli, dove cinque volanti della Polizia sono arrivate all’ingresso laterale della caserma Pastrengo, sede del Comando provinciale dei carabinieri. Gli equipaggi hanno lasciato l’abitacolo e si schierati in silenzio davanti ai cancelli. I militari dell’Arma in servizio nel cortile hanno intuito e si sono fermati anche loro, gli uni di fronte agli altri, in silenzioso omaggio.
Chi fosse e come fosse Mario è il suo comandante di stazione, Sandro Ottaviani, a dirlo: “Un ragazzo buono, un carabiniere preparato che pensava sempre al prossimo, sia durante i turni di servizio sia quando non indossava la divisa”. Già, anche quando non era in servizio, perché allora la sua vita era il volontariato, “i pellegrinaggi a Lourdes e a Loreto per dare una mano alle persone che soffrono, ogni settimana”.
E “senza dirlo a nessuno”. Il comandante è stato tra i primi a intervenire, ha provato a rianimarlo nei momenti piu’ concitati, lo ha visto morire. E per lui, Mario era un carabiniere che agli ultimi donava i suoi vestiti portava loro anche la colazione, “non muore solo un valoroso carabiniere, ma un grande uomo”. E può apparire assurdo sentire il comandante di stazione in lacrime affermare “Sono in servizio da 37 anni e anche oggi posso dire che fare il carabiniere è una gioia”, ma è il senso di un mettersi a disposizione della collettivita’.
Quattro anni fa Mario Rega Cerciello aveva ricevuto anche un encomio per aver accompagnato una bambina in difficoltà all’Ospedale Bambino Gesù di Roma. Ma è anche la motivazione con cui l’Ordine di Malta gli ha conferito nel 2013 un’onorificenza – una medaglia di bronzo – disegnando il suo profilo: “È stato sempre partecipe agli interventi su strada programmati due volte a settimana nella tarda serata, in aree critiche Capitoline come le maggiori stazioni ferroviarie ove è più solito trovare persone bisognose ed emarginate”. Lo scriveva Frà Giacomo Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, allora nel ruolo di Gran Priore di Roma e che oggi da Gran Maestro dell’Ordine di Malta parla di “una perdita terribile per tutta la comunità. Perdiamo tutti un uomo generoso, leale, animato da un profondo senso di responsabilità”.
Un uomo che si prodigava insieme alla compagna Rosa Maria, anche lei volontaria dell’Ordine, nell’assistenza ai malati. Forse è solo una coincidenza, ma la vita di ogni giorno ne riserva sempre una: questa sera alle 18,30 ha avuto inizio nella chiesa Santa Maria dei Pellegrini, di fronte alla stazione dei carabinieri di piazza Farnese, una Messa in ricordo del vice brigadiere ucciso, e proprio a ridosso delle 18,30 la notizia che c’erano due fermi per questo omicidio. Come a voler costituire un unico filo che metta insieme dolore e professionalità degli investigatori ed inquirenti romani. La vicenda potrebbe anche essere più complessa di quanto inizialmente valutato, lasciano filtrare in procura, ma intanto ci si chiede se è valsa la pena morire per 100 euro. Forse in tantissimi, forse la stragrande maggioranza, risponderà di no, che non è valsa la pena. Ma in realtà chi della difesa della legalità fa la sua professione di vita per la collettività risponde e risponderà sempre di si’. Anche a costo dell’estremo sacrificio. Per gli altri, non per sé. Come già faceva Mario, andando tra i derelitti per portare pasti e vestiti e facendosi carico dei viaggi della fede e della speranza dei malati.
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