Cronaca

Il mostro della porta accanto 

Pedofilo Lodi

Usava un falso profilo Whatsapp, con il quale adescava le giovani vittime, fingendosi una coetanea di nome Giulia. Anzi la “cattivissima Giulia”, una ragazzina inizialmente piacevole e pronta a diventare loro amica, per poi rivelarsi “sadica”. Con questa seconda personalità digitale un 50enne arrestato nel Lodigiano per violenza sessuale su minore, protezione e detenzione di materiale pedopornografico e corruzione di minorenne, fingeva di “essere costretto” a sua volta ad avere rapporti sessuali con le ragazzine.

Sono tre le vittime accertate dalla procura di Lodi: ragazzine che ai tempi dei fatti avevano un’età compresa tra gli 11 e i 13 anni. Le violenze sono durate 3 anni, tra il 2015 e la fine del 2018, fino a quando, a gennaio del 2019 una di loro ha raccontato a un’insegnante quanto aveva subito, mostrando le foto.

La vicenda è stata definita dallo stesso procuratore aggiunto di Milano, Letizia Mannella, “agghiacciante”, con “i contorni di un film dell’orrore”. Il presunto pedofilo, incensurato e con problemi psichici – slegati però dalla perversione della pedofilia – costringeva le ragazzine a rapporti sessuali con lui e tra di loro. Disoccupato, abitava in casa ancora con i genitori anziani, la cui posizione è da vagliare.

Alle vittime si era presentato inizialmente come un bravo vicino di casa. Dopo aver reperito i loro numeri di telefono, però, aveva iniziato a contattarle via Whatsapp usando un’identità falsa, quella della coetanea ‘Giulia’, la “cattivissima e sadica Giulia”. “Sfruttando la comune passione per i gattini è quindi riuscito a portarle a casa sua e a violentarle ripetutamente, costringendole anche a rapporti promiscui” ha raccontato questa mattina in conferenza stampa a Milano, la pm di Milano che ha seguito le indagini, Alessia Menegazzo. (

L’uomo riprendeva i rapporti sessuali che aveva con le 3 vittime con delle telecamere nascoste poste in vari angoli della propria stanza. Alle ragazzine chiedeva video erotici che dovevano avere “un preciso minutaggio” ed essere poi inviati tramite il social di messaggistica istantanea al falso profilo.

Ad avviare le indagini però è stata proprio una foto “in posizione erotizzante” delle ragazzine che l’uomo ha pubblicato su Instagram, per minacciarle di diffondere tutto il materiale che aveva su di loro, se avessero parlato. Un “errore” che ha svelato il terribile retroscena. A partire da questa foto si eèattivata la rete delle amiche delle ragazze, che le hanno riconosciute, e portato poi una delle vittime a confessare tutto a un’insegnante. I genitori della prima vittima hanno poi sporto denuncia nel gennaio di quest’anno. Nel computer dell’arrestato – che ora si trova in carcere a Milano – sono stati rintracciati non solo i video che riguardavano le ragazzine, ma anche ore e ore di altro materiale simile scaricato dalla rete. A quanto risulta agli investigatori l’uomo non diffondeva né rivendeva i video “prodotti”. 

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