Il buco ammonterebbe a 253 mila, è tanto il numero di dipendenti statali che mancano all’appello, e questo parrebbe essere soltanto l’inizio. È questo il dato riportato durante il Forum Pa 2019, un dato che impone il chivalà su una situazione forse presa troppo sotto gamba.
Perché lo sblocco del turnover da solo non basta e altri 400 mila dipendenti sarebbero già sulla porta, pronti alla pensione agevolati dalle uscite anticipate di Quota100. Come scrive Il Messaggero “Al netto delle uscite per i pensionamenti e i pre-pensionamenti, alla Regioni mancano 100 mila persone, il Servizio sanitario nazionale è sotto di 84 mila dipendenti, i ministeri avrebbero bisogno di altri 17 mila impiegati, ai Corpi di polizia servirebbe assumere almeno altri 13 mila agenti”.
Un’emorragia che potrebbe risolversi solo con un intervento massiccio e mirato del governo, ma non l’agenda al momento non lo prevede. Un’emorragia che pare sull’orlo del peggioramento dato che quelle 400 mila persone sull’orlo del pensionamento occuperebbero al momento scrivanie proprio in quegli uffici più sofferenti di attenzioni: sanità, istruzione, comuni… boccheggiano per un po’ di ossigeno. C’è da dire, che sempre lo stesso rapporto appoggia la scelta del governo di favorire un rinnovamento all’interno della Pubblica Amministrazione “sempre più anziana, in cui l’età media del personale è di 50,6 anni, e sale oltre i 54 anni nei Ministeri, alla Presidenza del Consiglio, nelle Prefetture o negli Enti Pubblici non economici. Gli over 60 sono il 16,4% e gli under 30 solo il 2,8%”.
Un rinnovamento che però va gestito in maniera oculata, un rinnovamento che deve prendersi in carico il bilanciamento con un altro grave problema all’interno della macchina pubblica: la preparazione, dato che “ciascun dipendente ha usufruito mediamente solo di 1,04 giornate di formazione l’anno, mentre gli investimenti per l’aggiornamento si sono dimezzati in 10 anni (da 263 milioni di euro nel 2008 a 147 nel 2017)” e un ricambio che non vada a peggiorare la situazione di precarietà, e su questo il report parla di “340 mila lavoratori flessibili nel 2017, di cui sono stati stabilizzati solo lo 0,6% nell’ultimo anno”.
E, nello specifico del rinnovamento, mette le amministrazioni in guardia: “Se non si modificheranno le modalità di ingresso, gestione e sviluppo del personale, la sostituzione di mezzo milione di persone rischia di non essere una reale opportunità di rinnovamento, ma una “rottamazione” agevolata con l’uscita di competenze e esperienze preziose”.
“Per creare valore pubblico, la PA deve innanzitutto investire sulle proprie persone – afferma Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA –. Deve diventare più giovane, più qualificata, libera di misurare e valutare il personale, capace di premiarlo e motivarlo, agendo sulla cultura dei dipendenti e ripensando i modelli organizzativi. Per fare questo, le amministrazioni devono definire le risorse umane necessarie sulla base di una programmazione dei fabbisogni secondo principi qualitativi e prospettici, non quantitativi o legati all’organico storico. Devono attrarre i migliori talenti e dare possibilità di crescita con una politica di employer branding, un miglioramento dei salari medi e un nuovo approccio di sviluppo del personale”.
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