Agf
Stabilimento Arcelor Mittal (ex Ilva), Taranto
Per mesi, ogni qualvolta il vento soffiava dall’Ilva e sollevava nubi di polveri minerali, i cosiddetti giorni di Wind Day, le scuole del quartiere Tamburi di Taranto sono state costrette a chiudere: niente lezioni e bambini, ragazzi e docenti a casa. Poi dalla chiusura netta si è passati a provvedimenti meno drastici, regolando la frequenza scolastica in base ad una serie di valutazioni. Negli ultimi giorni, poi, il commissario di Governo alla bonifica, Vera Corbelli, ha lanciato una gara da 3,5 milioni di euro per installare nelle scuole filtri ed impianti di ventilazione meccanica controllata dopo averle già messe a norma a fine 2016 con una spesa di circa 9 milioni di euro.
Adesso, invece, cade una nuova tegola: due delle cinque scuole dei Tamburi – il quartiere vicinissimo al siderurgico ex Ilva, adesso Arcelor Mittal Italia – da oggi sono chiuse per 30 giorni con un’ordinanza del sindaco Rinaldo Melucci. Si tratta della Deledda e della De Carolis. Poco più di 700 alunni, bambini e ragazzi, vengono trasferiti in altri edifici scolastici del rione. Il sindaco ha preso tale decisione perché le due scuole sono vicinissime alle collinette ecologiche che l’Italsider pubblica fece costruire negli anni ‘70 per cercare di separare fabbrica e città. Melucci vuole risposte certe.
Chiede che dal ministero dell’Ambiente all’Arpa, l’Agenzia di protezione ambientale della Regione Puglia, gli dicano chiaramente se quelle collinette sono ancora oggi una fonte di pericolo. Per la Procura di Taranto, che ai primi di febbraio ne ha disposto il sequestro per inquinamento, le collinette lo sono, tant’è che è stata sollecitata la loro bonifica da parte dell’autorità giudiziaria.
Sommario
Un problema noto già 10 anni fa
Creare una specie di filtro con queste collinette sulle quali è piantumata della vegetazione, una barriera che mitigasse l’impatto dell’inquinamento. Ecco la loro finalità. Ma già dieci anni fa una riunione alla Provincia di Taranto stabiliva che quelle collinette non servivano a niente. Nessun filtro, nessuna protezione per i residenti dei Tamburi. L’insediamento andava quindi migliorato, rivisto. Invece non si è fatto niente. Un ennesimo progetto di tutela ambientale rimasto sulla carta. Incompiuto. Inattuato. Come anche gli atti di intesa che con finalità di miglioramento ecologico hanno sottoscritto anni addietro l’allora proprietà Riva – che controllava l’Ilva – e le istituzioni locali.
Facciamo ora un balzo in avanti di dieci anni e arriviamo a febbraio scorso. Su disposizione della Procura, i Carabinieri del Noe mettono i sigilli su un’area di nove ettari. La superficie occupata da tre collinette. Insieme ad Arpa Puglia, che ha curato le analisi tecniche e chimiche, i Carabinieri del Noe, che hanno avviato le indagini nella seconda parte del 2018, dicono che le collinette ecologiche “altro non sono che una enorme discarica abusiva di svariate tonnellate di rifiuti industriali derivanti dalle lavorazioni degli impianti del polo siderurgico quali loppa, scorie d’altoforno e altro che, esposti all’azione degli agenti atmosferici, hanno riversato nei terreni e nell’ambiente circostante, sostanze altamente tossiche e cancerogene come diossine, furani, pcb, idrocarburi e metalli vari”.
“È sconcertante quanto in passato si sia abusato, con estrema leggerezza, del nostro territorio e di come si sia attentato alla salute dei cittadini” commenta poche ore dopo il sequestro il sindaco di Taranto. E l’1 marzo il sindaco compie un sopralluogo nelle scuole Deledda e De Carolis. Vede la situazione e comincia a prendere corpo il provvedimento di chiusura temporanea.
Il sindaco: l’Agenzia per l’ambiente ci dica la verità
“Noi ad Arpa abbiamo formulato un invito a produrre in tempi brevi, e con metodologie appropriate, dati certi, che siamo ragionevolmente convinti restituiranno tranquillità ai bambini” afferma il sindaco commentando l’ordinanza di chiusura delle due scuole. “Siamo tutti consapevoli – aggiunge – che bisogna muoversi con grande cautela. Ne ho parlato anche col prefetto di Taranto, ma non potevamo esimerci dal prendere questa decisione. Nella settimana prossima convocheremo sia il commissario di Governo alla bonifica, Corbelli, che tutti gli altri soggetti interessati. Sulla qualità dell’aria, bonifiche, ristoro ambientale, ora vogliamo una parola di chiarezza a partire dal ministro dell’Ambiente. Vogliamo un contributo serio, sereno e definitivo. Ci stiamo prendendo una precauzione oggi. Ma il sindaco non è medico, biologo o chimico. Vuole dati chiari”.
“Abbiamo incalzato gli organi competenti per avere una parola definitiva sulle collinette ecologiche, sono arrivate le risposte di Arpa Puglia e Asl Taranto, quest’ultima – evidenzia il sindaco – in una logica più compiuta. Ma io non ho capito, io non sono sicuro, io non metto a rischio i nostri piccoli difronte ad una situazione che si è generate trent’anni fa e che probabilmente ha pure esaurito il suo effetto. Io non sono in grado di dire alle famiglie: facciamo finta di niente”.
“Chiediamo scusa ai nostri bambini”
“Ai piccoli di questa città dobbiamo chiedere perdono perché negli ultimi decenni non siamo stati in grado di garantire loro sicurezza, salute, una qualità della vita accettabile, forse nemmeno siamo stati in grado di costruire un futuro certo per loro, sebbene alcune cose stiano cambiando. Chiediamo scusa ai nostri piccoli – dice il sindaco di Taranto – per i disagi che subiscono. Non è sempre facile ricevere dati definitivi, accettabili, distinti, sui rischi che la nostra popolazione corre. Questa città per fortuna si sta rimettendo in moto. Ci prendiamo i nostri rischi. L’unico che non siamo mai disponibile a prenderci, anche quando residuale come in questo caso, probabilmente, é il rischio che può coinvolgere i nostri bambini”.
I timori di una risalita dell’inquinamento
A lanciare di nuovo l’allarme è l’associazione ambientalista Peacelink, battagliera da anni. E lo fa dopo la fiaccolata silenziosa che la sera del 25 febbraio ha visto migliaia di persone sfilare nelle strade del centro di Taranto per ricordare i bambini morti di tumore a causa dell’inquinamento. Peacelink sostiene che sia nella cokeria dello stabilimento ex Ilva, sia nel quartiere Tamburi, sono aumentati gli inquinanti cancerogeni di provenienza siderurgica. Peacelink cita dati impattanti, frutto dei suoi campionamenti.
Taranto
Secondo Peacelink, per per gli Ipa, gli idrocarburi policiclici aromatici, si passa “da una media 16,6 ng/m3”, sigla che indica i nanogrammi per metro cubo, media riscontrata a gennaio 2018, “ad una media di 21,5 ng/m3 (gennaio 2019). Per febbraio – dichiara Peacelink – si passa da 10,8 ng/m3 (febbraio 2018) a 16,1 ng/m3 (febbraio 2019)”. Arcelor Mittal Italia risponde e dice: i controlli sono effettuati “secondo i più alti standard disponibili”. Inoltre, l’azienda è “pienamente conforme” a tutte le regole dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Interpellato da Agi, Vito Bruno, direttore generale di Arpa Puglia, dichiara: “Stiamo vedendo di effettuare a breve un check aggiornato sulla situazione ambientale di Taranto e misurare il livello degli inquinanti. Saranno dati che poi dovremo condividere col ministero dell’Ambiente e con l’Ispra, che hanno competenza sia sulle autorizzazioni che sui controlli”.
“Ho letto delle ultime prese di posizione – sottolinea ancora il dg Bruno – e devo dire che un conto sono i dati forniti e pubblicizzati da Arpa Puglia, dati che ogni cittadino può vedere sul nostro sito e fare una sua autonoma valutazione comparandoli con quelli precedenti, altro sono i rilievi fatti autonomamente da Peacelink o altri organismi, dati che non abbiamo condiviso, nè validato scientificamente, e provenienti anche da un’apparecchiatura non normata. Noi utilizziamo la nostra rete di controllo, le centraline sono posizionate laddove dice la legge, e i dati usati dalle istituzioni, anche quando si è trattato di sollevare conflitti, sono i nostri”.
“Nessuno faccia speculazioni”
E anche sulla battaglia dei dati dell’inquinamento il sindaco di Taranto prende posizione. “Stop agli sciamani del nostro tempo – afferma Melucci -, quelli che cercano gli inquinanti come i rabdomanti. Se questi dati non sono veri, l’Arpa Puglia ce lo deve dire. Non possiamo assistere ogni giorno allo sciamano di turno che getta nell’angoscia la comunità”. Il sindaco chiede poi ad Arcelor Mittal di dare avvio “rapidamente alla discussione del protocollo d’intesa che avevamo individuato con Governo precedente”, che riguarda la parte ambientale e il rapporto tra fabbrica e città, e annuncia: “Noi porteremo in Tribunale questi sciamani. Siamo stanchi”.
E sottolinea: “Se dovesse mancare questa chiarezza, da qui in avanti il sindaco adotterà provvedimenti con un’intensita sempre maggiore”. Gli ambientalisti intanto rilanciano. Per “Taranto Libera”, Arcelor Mittal Italia sta inquinando. Il movimento ha raccolto con un esposto già 5mila firme ed ora si accinge a presentare una denuncia alla Procura.
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